lunedì 23 dicembre 2013

QUANDO PENSERAI A DIO?

Troppo piccola per pensare a Dio!

    Troppo in crisi per pensare a Dio...

             Troppo innamorata per pensare a Dio!

 Troppo felici per pensare a Dio!

   Troppo impegnata per pensare a Dio.....

    Troppo stanca per pensare a Dio.....

 Troppo spensierata per pensare a Dio!

venerdì 13 dicembre 2013

The most important thing is to skip lunch, TO MISS OUT THE MEAL!!!!!!!!!!!!

venerdì 25 ottobre 2013

un raggio di sole all'orizzonte.... la speranza è l'ultima a morire


SUSY

Ho scelto questo sfondo verde perché amo la natura: la flora e la fauna, tutto il mondo vegetale e animale, amo gli alberi, le piante, i fiori e gli animali e i gatti in particolare. Tuttavia non userò immagini di teneri mici di cui sono pieni le copertine di quaderni e diari, perché mi fanno soffrire.
Ho avuto una gatta per 16 anni: la trovai nel settembre 1997, per strada, vicino ad un cassonetto di rifiuti. La presi e la portai a casa sul cestino della bicicletta! Mia madre non era mai stata favorevole agli animali domestici come cani o gatti perché sono un impegno, perché obbligano a pulizie supplementari, perché portano germi e perdono pelo.... mio padre era ugualmente contrario perché convinto che tutti gli animali, cani e gatti compresi, stiano meglio in libertà ovvero in aperta campagna, che sia assurdo tenerli in casa, anche se si ha il giardino. All'epoca si abitava in una casa a schiera con giardino, un pezzo di fronte un pezzo dietro, lo spazio non mancava e io fin da bambina avevo sempre avuto  il desiderio di averne uno, una palla di pelo tutta mia con cui giocare... non era un capriccio infantile, ma una autentica passione che nutro tutt'ora. I piccoli felini hanno sempre esercitato su di me un fascino particolare, un'attrazione irresistibile: creature discrete e silenziose, misteriose, agili e flessuose, indipendenti e nello stesso tempo affettuose, creature che appaiono e scompaiono di sorpresa, capaci di rilassarsi senza mai abbassare la guardia, animali dall'aspetto ora superbo ora buffo, vivaci nel gioco come bambini ma anche spietati predatori, legati al territorio ma allo stesso tempo capaci di adattarsi ad ogni ambiente e ad ogni situazione.... non a caso il gatto ha sempre esercitato un fascino particolare nelle grandi civiltà, dagli antichi Egiziani che lo veneravano come un dio alla cultura Orientale che tutt'oggi lo considera "maestro yogi", un modello da imitare per la meditazione, per raggiungere l'equilibrio e la pace interiore...
 A 16 anni la vita mi regalò un esemplare di questa nobile specie e io accolsi il magnifico dono. Pregai mia madre di farmela tenere, insistetti e lei, dopo le resistenze iniziali, alla fine cedette, mi diede il suo benestare e propose persino il nome da darle, Susy, che piacque anche a me e così la chiamammo. Mio padre, che è un uomo fondamentalmente mite, accettò la "nuova arrivata" ma avvertendo subito che lui non avrebbe contribuito in nessun modo, che sarebbe stato "affare nostro", e mio in particolare (della serie: hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!).  Io ero naturalmente dispostissima ad assumermi l'impegno e in effetti cominciai subito a procurare tutto il necessario, a darle da mangiare e cambiare la lettiera, coccolandola e giocando con lei: tuttavia non ce l'avrei mai fatta senza l'aiuto di mia madre che, volente o nolente, dovette provvedere a tutte queste incombenze nei momenti e nei periodi in cui io ero impegnata fuori casa, prima nello studio e poi nei miei primi lavori di cui parlerò... Fu mia madre ad esempio a portare Susy dal veterinario per farla sterilizzare, per le vaccinazioni, ecc. Io me la coccolavo, la prendevo in braccio, me la portavo a letto e la rimpinzavo di bocconcini, mia madre la accarezzava soltanto ogni tanto e la scacciava dalla "zona notte", ma era lei a svolgere tutti quei lavori pratici che io avrei trascurato per mancanza di tempo. La situazione cambiò però 10 anni più tardi, quando i miei vendettero la villetta a schiera e si trasferirono in un appartamento mentre io andai a vivere per conto mio da un'altra parte. Susy, che era abituata alla vita all'aria aperta, a girare liberamente per strade e giardini, dovette adattarsi a vivere in un appartamento di 60 mq senza terrazze... Io cercai di ovviare al disagio portandola ogni volta che potevo nel parco condominiale, durante l'estate. Un paio d'anni dopo (aprile 2009) un altro trasloco, in un altro appartamento un po' più grande e con 2 terrazze ma ahimè senza parco pubblico sotto casa, solo un piccolo cortile e per di più adiacente ad una strada di traffico. Susy si adattò anche questa volta ma spesso, soprattutto nelle belle giornate di sole, manifestava il desiderio di uscire, miagolava in terrazza guardando in basso o alla porta d'ingresso, reclamando un diritto che il più delle volte ero costretta a negarle. Se l'avessi "mollata" da sola c'era il rischio che si smarrisse, l'unica possibilità era portarla giù col guinzaglio ma era difficile trovare il tempo tra studio, lavoro e mestieri di casa. All'epoca infatti studiavo storia all'università ed ero impiegata presso un'agenzia di scommesse ippiche e sportive. Nonostante il problema "ambientale", Susy era cmq sempre pronta a farmi compagnia, a strusciarsi sulle gambe o accoccolarsi sul mio grembo o accanto a me sopra il letto,  facendo le fusa, sorniona e affettuosa. Mi dava calore, mi consolava nei momenti di tristezza, percepiva i miei stati d'animo, partecipava dei miei momenti di gioia e di dolore, di noia e di passione, presenza discreta, amica fedele.... Susy ha conosciuto anche tutti i miei fidanzati, dal primo all'ultimo della serie. L'ultimo è stato anche mio convivente per circa due anni e ha quindi instaurato un rapporto più stretto anche con la gatta, che lo riconosceva come una sorta di "secondo padroncino". Poi la convivenza con quest'uomo è finita e al suo posto è venuto ad abitare con me mio fratello maggiore il quale, pur avendo il massimo rispetto per gli animali, non ha mai tollerato bene l'inconveniente della lettiera, i cattivi odori, il pelo sul letto, ecc. Finché io ho potuto occuparmi personalmente di Susy e di tutti i suoi bisogni, cmq, il problema era gestibile: mia madre non perdeva occasione di farmi notare che tenere la gatta in casa era un grosso impegno e un disagio, che dovevo prendere in considerazione l'ipotesi di darla via, a qualcuno che avesse un giardino, spazio e tempo di starle dietro... ma io mi sono sempre opposta decisamente. Susy era mia, la mia piccola, mai me ne sarei potuta separare, volevo tenerla ad ogni costo. Tuttavia l'anno scorso, la tragica estate 2012... io sono crollata, sono finita all'ospedale e quando sono tornata a casa ero così prostrata che non ho avuto più la forza di oppormi. Mia madre ha parlato con suo cugino che ha tre figli della mia età, una casa in campagna con giardino e capanno, un cane e diversi gatti: "Portatela qua! Starà bene qui con noi!". Detto fatto, Susy ha lasciato la mia casa, la mia vita, l'abbiamo affidata a dei parenti che in teoria avrebbero dovuto offrirle una vita più "sana" mentre la gatta avrebbe finalmente goduto di tutta quella libertà a cui per anni aveva dovuto rinunciare. Con queste argomentazioni mia madre mi aveva superficialmente, razionalmente convinto, ma dentro di me soffrii della separazione, a livello emotivo è stata una perdita devastante. Nonostante ciò, finché sapevo che lei era lì, in buone mani e che in qualsiasi momento potevo andare a farle visita, e che magari, chissà, un giorno avrei potuto riportarmela a casa... non me ne feci un cruccio, anche perché qualche mese dopo, cioè dall'inizio di quest'anno, mi sono buttata a capofitto nella ricerca di lavoro: ho seguito un corso professionale, sono andata in Germania per lavorare in gelateria... ma al mio rientro in Italia ho ricevuto la brutta notizia. Susy si era allontanata, da diverse settimane non si faceva più vedere. A settembre, a distanza di un anno esatto da quando la portai lì, sono tornata sul posto per cercarla: ho attaccato un sacco di cartelli con foto, chiesto notizie a tutti i vicini, alla gente del paese, percorso strade e campi in lungo e in largo... Alla fine i miei sforzi sono stati in qualche modo "premiati" con una segnalazione: uno dei vicini, un anziano signore molto gentile che vive da solo a poca distanza, vedendo il manifesto, mi ha telefonato per dirmi che aveva visto il gatto della foto. Ci ho parlato di persona, gli ho spiegato la situazione, lui è stato molto disponibile ad aiutarmi e alla fine ci siamo congedati con l'accordo di rimanere in contatto, che lui avrebbe lasciato degli avanzi in giardino per attirare il gatto e mi avrebbe tenuto informata di ogni ulteriore avvistamento. In effetti questo fantomatico gatto è tornato, approfitta dell'offerta di cibo, ma ahimè non si lascia avvicinare. Io mi aggrappo alla speranza che sia davvero la mia Susy, sarebbe già un'immensa gioia sapere che è ancora viva e che bene o male se la sta cavando (ha 16 anni.... è come una signora di 80). Tuttavia non mi faccio troppe illusioni. Attendo con ansia che il mio benefattore torni da un breve soggiorno per riprendere le ricerche, voglio almeno tentare ad andare lì qualche giorno ed appostarmi in attesa per vedere se è lei o no. Se sto gatto poi non torna più o se non è Susy, okay, cercherò di rassegnarmi, di farmene una ragione, di elaborare il lutto... Ma so già che il suo ricordo rimarrà nel mio cuore trafitto così come il dolore e il senso di colpa. Mi manca Dio solo sa quanto. Era come la mia bambina... non avrei dovuto "darla in affidamento", dentro di me sapevo che c'era il rischio che sparisse nel nulla. Provo rimorso, non potrò mai perdonarmi di averla abbandonata, di non aver lottato per tenerla con me nonostante le pressioni dei miei. E vero, dopo sono partita, sono stata via da casa per lavoro, chi se ne sarebbe occupato in mia assenza? Avrei potuto rivolgermi a un cat sitter o mettere un annuncio su internet, trovare qualcuno disposto a tenermela a tempo indeterminato ma in un luogo protetto, chiuso, senza il rischio di perderla come è successo... Dovevo immaginare che dai miei parenti prima o poi se ne sarebbe andata, loro hanno il cane e lei per paura non entrava mai in casa, doveva stare nel capanno ma poi si sono messi a fare lavori proprio lì dove aveva la cuccia e così lei non ha avuto altra scelta che cercarsi un'altra sistemazione. Per fortuna lì intorno ci sono molte altre villette e altrettante famiglie avvezze alla presenza di cani e gatti, oltre che altri rifugi, fossati e campi pieni di topi e uccelli e "altri animali da preda" per cui un felino abbastanza "in gamba" dovrebbe riuscire a cavarsela in un modo o nell'altro... Susy, amore mio, spero con tutta l'anima che tu sia ancora viva! e se così non fosse, spero almeno che tu non abbia dovuto troppo patire... perdonami, tesoro mio amatissimo, perdonami!

giovedì 24 ottobre 2013

JUSTINE

L'idea di aprire il blog mi è venuta leggendo un libro che suggerisco a tutte le persone interessate e/o coinvolte in questo problema: l'autrice è una ragazza francese di nome Justine, il titolo originale è "Ce matin J'ai decidé d'arrter de manger" (OH! Editions, France 2007), tradotto in italiano e pubblicato da Piemme col titolo "Ho deciso di non mangiare più" (Edizioni PIEMME Spa, 2008). L'ho trovato per caso in biblioteca, preso in prestito e letto tutto d'un fiato: è una narrazione semplice e scorrevole che colpisce al centro il cuore del dramma senza essere patetico né melodrammatico come tante storie proposte in Tv solo per fare scalpore, storie magari fittizie, mezze inventate e gonfiate, solo per provocare emozioni tanto forti quanto effimere, solo per commuovere e portare l'attenzione su un tema delicato per poi distrarre di nuovo le menti con le solite scemenze. Leggere un libro, la storia  vera di una persona "comune" che non aspira né al successo, è tutta un'altra cosa. In questa storia inoltre ho riconosciuto e ritrovato buona parte della mia esperienza personale, in particolare della mia adolescenza (perché in effetti la protagonista è un'adolescente), mi sono immedesimata nel personaggio, trovando un sacco di analogie, di punti in comune, pensieri che sono passati per la mia mente allo stesso modo, cose che io stessa mi sono detta e ripetuta, situazioni che io stessa ho vissuto in prima persona, con tutto il loro carico di dolore, angoscia e umiliazione....
Credo quindi che per comodità, non sapendo da dove cominciare, prenderò spunto proprio da questo libro, ne citerò alcune frasi o brani, per poi fare un confronto con il mio caso, che, anticipo già, presenta in realtà molte più differenze: comincia cioè in maniera simile, è simile nella "partenza", nell'esordio, ma segue poi un percorso diverso, per poi arrivare al punto in cui mi trovo oggi. Justine era ed è tutt'oggi una ragazza, quasi del tutto guarita dalla malattia ovvero liberata da quello che lei chiama il suo "serpente", una ragazza quindi problematica ma che tutto sommato ha ritrovato la salute e la gioia di vivere, e che ha perciò tante prospettive e possibilità in più.
Dolores invece ha un bel po' di anni in più di Justine, e non ha ancora risolto il suo problema, che ritiene in effetti un problema insolubile. La sua malattia si è cronicizzata, ha raggiunto una situazione di stallo, di equilibrio precario da cui teme di spostarsi. Si sente a suo agio nella sua posizione, ma deve lottare ogni giorno per difenderla: di qui il titolo del blog, "my fight", la mia lotta, che forse non è proprio corretto al massimo in quanto più che una lotta è più spesso una fuga, un continuo sfuggire, simulare e dissimulare, mascherare, eludere, schivare gli ostacoli, brevi e fugaci evasioni da quella che resta una sorta di gabbia. La mia prigione. Le mie carceri. Tutto ciò non è affatto degno d'onore né di ammirazione, semmai di compassione, ma non è questo che cerco. Sto solo cercando di tirare fuori il dolore, un po' alla volta, nella speranza di liberarmene, di trovare sollievo, anche temporaneo...

HERE I AM

Eccomi qua, finalmente in rete. Ho deciso di aprire questo blog anzitutto come diario personale, come luogo virtuale in cui scrivere le mie memorie, per raccontarmi, sfogarmi, specchiarmi, riflettere su me stessa. In secondo luogo per offrire la mia testimonianza e per condividere la mia personale esperienza su questioni varie in generale e su un problema in particolare, un problema che mi affligge da 16 anni ovvero metà della mia vita, una malattia che come me colpisce milioni di ragazze e donne nei paesi Occidentali. Avete intuito di cosa parlo? E' una faccenda complessa, una storia lunga e travagliata di cui racconterò gli episodi più significativi, quelli che mi sono rimasti più impressi nella memoria, anche quelli che vorremmo rimuovere, cancellare. Ma indietro non si può tornare e così tanto vale accettare il passato e vivere il presente giorno per giorno. Forse più che raccontare fatti concreti mi ritroverò a buttare di getto pensieri ed emozioni che altrimenti non potrei comunicare, mi ritroverò a scrivere flussi di coscienza e associazioni di idee più o meno coerenti, brevi aforismi più o meno comprensibili, darò cioè più spazio all'inconscio irrazionale che alla ragione cosciente. Non aspettatevi dunque una autobiografia cronologicamente ordinata, né una cronaca puntuale di fatti e misfatti con tanto di descrizioni e riferimenti spazio-temporali. Vi basta sapere che tutto si svolge nell'arco di 16 anni, 16 anni di malattia, 16 anni di vita vera, una sequenza di giornate per la maggior parte monotone intervallate da eventi particolari, momenti di gioia e di dolore, di angoscia e di pena, di nausea e di noia, di speranza ed esasperazione, di attesa, illusioni e delusioni, vittorie e sconfitte, alti e bassi, per poi tornare sempre al punto di partenza, alla situazione di stallo, al solito "equilibrio precario". Per descrivermi, mi piace l'immagine del vaso di cristallo in bilico, sempre sul punto di cadere, o quella dell'equilibrista che incede sul filo e fissato da decine di sguardi preoccupati, o quella del naufrago sulla zattera in balia delle onde, sempre alla ricerca di un isolotto su cui approdare per un breve ristoro... sono metafore classiche e banali, lo so, cercherò di trovarne altre di più originali. In passato ero molti più brava a scrivere, più creativa, più sciolta con la penna, oggi mi sono inaridita, o forse solo un po' arrugginita. Ma non è mai troppo tardi per ricominciare, per cominciare qualcosa di nuovo. Spero che ciò mi giovi, che sia in qualche modo terapeutico, e accolgo volentieri da subito qualsiasi vostro commento, suggerimento, testimonianza, osservazione. Grazie